Sensibile, raffinata, di talento e generosa. Ilaria Tuti è una donna e una scrittrice straordinaria che si merita tutto il successo che sta vivendo con il suo romanzo. Fiori sopra l’inferno ha si è aggiudicato la menzione speciale per assoluto merito, essendo un lavoro meraviglioso, e anche perchè è un romanzo scritto con passione e capacità narrativa (qui la nostra recensione) e che per questo resterà per lungo tempo nel cuore di tanti lettori. Qui l’intervista a Ilaria per la Bottega del Giallo.

Ilaria il tuo ultimo romanzo ti ha davvero consacrata e fatta apprezzare anche da chi, abitualmente, non legge gialli. Come ti fa sentire tutto questo?

Grata e piena di entusiasmo. Mi sento circondata da tanto affetto. Ogni giorno ricevo messaggi dai lettori che mi fanno capire quanto Fiori sopra l’inferno sia riuscito a toccare corde emotive profonde. È gratificante, ma rappresenta anche una responsabilità: d’ora in avanti non potrò dare nulla di meno.

In Fiori sopra l’inferno c’è poesia, suspense e delicatezza. C’è un posto del cuore dove solitamente ti metti a scrivere?

La mia scrivania è un vecchio tavolo da osteria degli anni Quaranta, senza più vernice, con le gambe mangiate e il piano tarlato. Scrivere sul legno, sentire il suo velluto sotto le dita, il profumo delle fibre asciugate da decenni d’uso sono esperienze sensoriali che mi riportano a una dimensione più intima del quotidiano e mi aiutano a liberare le emozioni per metterle tra le righe.

A parte la protagonista quale è il personaggio del tuo libro che ti procura più emozioni?

L’ispettore Marini ha parte del mio cuore, ma le emozioni più forti e tenere me le ha date l’assassino. Sembra paradossale, ma l’empatia attraverso cui lo svela il commissario Battaglia rende difficile chiamarlo “colpevole”. La definizione più toccante di lui l’ha data una lettrice: è un bambino con il corpo di un uomo, con il cuore di un dio.

Tu hai un modo di narrare unico, una scrittura tutta tua che crea immediatamente un forte legame con il lettore. Non temi che tutto questo possa un po’ perdersi nelle traduzioni del tuo libro in un’altra lingua? Anche se essere letti all’estero è sempre una soddisfazione.

Prima di tutto grazie per l’apprezzamento! Non mi sono posta questo problema, perché sento di essere in ottime mani. I traduttori sono professionisti, sanno che il lavoro che svolgono non è solo formale, ma anche emozionale. Devono sentire la “voce” del romanzo e restituirla il più possibile intatta al lettore, senza che perda efficacia e suggestioni. Mi affido a loro. Scrivere un romanzo è un atto intimo, ma pubblicarlo richiede la collaborazione di tante menti e – si spera – tanti cuori.

Se dovessi racchiudere tutto il tuo romanzo in un’unica frase del libro quale sceglieresti e perché

«Perché io, come loro, vedo oltre i fiori. Vedo l’inferno.»
Questa riflessione è il cuore della storia. Appartiene a Teresa Battaglia, commissario di Polizia quasi sessantenne, profiler e protagonista di Fiori sopra l’inferno. Teresa è una donna che in passato ha sofferto a causa di un matrimonio violento. Per essere libera ha pagato un prezzo altissimo, ma è riuscita a trasformare il dolore più straziante in fuoco d’amore per la vita, in un’empatia che la lega tanto alle vittime quanto ai carnefici. La compassione, però, la priva delle difese psicologiche che tutti noi abbiamo nei confronti del male, di quel sano egoismo che ci fa vivere senza troppi turbamenti, anche quando attorno a noi altri soffrono. È uno schermo che la natura ci ha donato per sopravvivere, per non farci restare invischiati nella palude di una continua afflizione. Sotto i nostri piedi c’è l’inferno, ma noi ammiriamo i fiori che vi crescono sopra: è la nostra salvezza quotidiana. Teresa, invece, si è spogliata di questo filtro per riuscire a calarsi nelle profondità di una psiche turbata, quella dell’assassino a cui deve dare la caccia. Per trovarlo, deve capirlo. E per capirlo deve sentire dentro di sé il dolore che l’ha trasformato in una belva.

Fiori sopra l’inferno si è aggiudicato la menzione speciale del premio Scerbanenco. Qual è la prima persona che ti viene in mente di ringraziare?

Fabrizio Cocco, il mio editor. Fabrizio ha scoperto Teresa Battaglia, l’ha amata e seguita fino a farla arrivare ai lettori. E ha seguito anche me, dal punto di vista professionale e umano, in questa avventura entusiasmante, ma anche faticosa. Sono molto fortunata ad averlo al mio fianco, come sono fortunata a far parte della squadra Longanesi. I premi gratificano e sono riconoscimenti importanti, per l’autore e per l’Editore, ma noi abbiamo già vinto una grande scommessa, tutti insieme.

Grazie a Ilaria Tuti per il tempo concessoci.

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